Impianti di biomasse
Nota: continuano gli incentivi a favore della produzione di energia elettrica per gli impianti di biomasse, contattaci per avere informazioni dettagliate e studi di fattibilità in merito.
Per biomassa si intende ogni sostanza organica di origine vegetale o animale.
In questa trattazione ci si riferirà alla prima categoria citata, ovvero alle sostanze di origine vegetali prodotte dalla fotosintesi clorofilliana.
Tra le principali tipologie di biomassa si possono elencare:
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residui forestali, legna da ardere, sfalci di potature e altri prodotti lignocellulosici puri;
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colture energetiche dedicate sia arboree sia erbacee (short rotation forestry/annuale con colza, girasole, sorgo, canapa/pluriennale miscantus, panico, cardo e pioppo eucalipto, salice);
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residui agricoli ed agroindustriali (per esempio paglia, sansa di oliva, gusci di frutta secca, stocchi di mais, lolla di riso, sottoprodotti dell’industria conserviera);
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materiale di risulta derivanti da cicli produttivi di fibre tessili, cibo, mobili, …
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L'utilizzo della biomassa sopra citata per la produzione di energia elettrica (ed energia termica a mezzo di cogenerazione) ha diversi vantaggi; infatti, sono processi che:
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non provocano aumento della CO2 nell’atmosfera, perché si può considerare che la quantità di gas che emettono durante la loro combustione è pari a quella assorbita durante la fase di crescita mediante la fotosintesi;
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si possono considerare risorse rinnovabili (purché vengano impiegate ad un ritmo non superiore alla capacità di rinnovamento biologico);
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presentano una minore aleatorietà legata alle condizioni meteorologiche rispetto ad altre fonti rinnovabili come quella solare diretta o eolica;
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sono caratterizzate da una grande versatilità di utilizzo (generazione termica, elettrica, singola unità o teleriscaldamento per medie comunità, produzione di biocombustibili).
I paesi in via di sviluppo, nel complesso ricavano il 38% della propria energia dalle biomasse, con 48 milioni di TJ/anno, e in molti di essi tale risorsa soddisfa fino al 90% del fabbisogno energetico totale, mediante principalmente la combustione di legno, paglia e rifiuti animali.
Ogni categoria di biomassa può essere sfruttata energeticamente con opportune tecnologie a seconda del suo contenuto di umidità (W) o del suo rapporto carbonio/azoto (C/N). Tra le varie tecnologie di conversione energetica delle biomasse alcune come la combustione possono considerarsi giunte a livello di sviluppo tale da consentire l’utilizzo su scala industriale mentre altre come la gassificazione, sebbene già ad uno stato di maturità avanzato, necessitano di ulteriore sperimentazione soprattutto al fine di ridurre i costi di realizzazione.
Si riporta a seguire una schematizzazione delle tecnologie di utilizzo a seconda delle caratteristiche della biomassa:
Le “biomasse combustibili” sono trasformate mediante processi meccanici, chimici e fisici in biocombustibili solidi, liquidi e gassosi, questi ultimi devono avere precise caratteristiche merceologiche e rispondere a normative tecniche e certificazioni nazionali ed internazionali.
Non tutti i biocombustibili sono adatti ad essere utilizzati nei sistemi di produzione dell’energia sia per motivi economici che tecnici (ad esempio bioetanolo e biodiesel non sono considerati se non per applicazioni stazionarie sperimentali).
Diamo sintetici dettagli delle varie tecnologie prima di analizzare la possibili applicazioni:
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Ciclo Rankine: il vapore prodotto in caldaie espande in turbina e successivamente viene condensato;
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Ciclo Stirling: in fase di consolidamento in cui si utilizza un gas (aria, elio, azoto, idrogeno) come fluido termodinamico ed il movimento alternato è dettato da una differenza di temperatura;
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ORC: si tratta di turbogeneratori basati su Ciclo Rankine Organico in cui si utilizza un fluido organico invece dell’acqua per compiere il ciclo termodinamico. Minore rendimento rispetto a ciclo vapore ma più bassa richiesta manutenzione, non richiede presenza di personale specializzato, procedura avviamento semplificata, funzionamento a carico parzializzato sino al 10%.
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Motori a combustione interna (MCI): il combustibile è iniettato direttamente all’interno del motore primo, necessità di avere combustibili “puliti”, tecnologie consolidate, maggiore rendimento.
Cippato: ciclo a vapore o fluido organico, motore stirling,
Syngas: motore alternativo a combustione interna, turbogas o MGT,
Olio vegetale: motore alternativo a combustione interna, turbogas o MGT,
Olio da pirolisi: motore alternativo a combustione interna,
Biogas: motore alternativo a combustione interna, ciclo a vapore o fluido organico.
I principali combustibili derivanti da biomassa vegetale utilizzati in caldaie per la produzione di calore di seguito presentati sono meticolosamente classificati seconda la UNI CEN/TS 1496.
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Legna in ciocchi o tronchetti: è generalmente venduta in misure variabili fra i 20 cm ed 1 m, e tenori di umidità inferiori al 25-30% a seconda del tempo e della tipologia di stagionatura a cui è sottoposta la biomassa. Le essenze tipiche sono: faggio, quercia, pioppo o conifere;
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Cippato: molto spesso è più pratico rendere la biomassa solida di pezzatura piccola e omogenea in modo che possa essere adatta a impianti ad alimentazione automatica. A tal proposito si può ricorrere alla cippatura, operazione meccanica che riduce la biomassa in scaglie di piccole dimensioni denominate chips. Una dimensione tipica è 40 x 20 x 3 mm. L’omogeneità ottenuta mediante vagli, è un parametro importante poiché la presenza di particelle di dimensioni disomogenee può provocare il blocco dei sistemi di alimentazione degli impianti.
Il tenore di umidità desiderato può essere ottenuto mediante uno stoccaggio in cumulo per un tempo adeguato. Le tecnologie disponibili per la combustione del cippato accettano biomassa con un’umidità massima del 30%-50%; per tale motivo il cippato viene identificato da una sigla del tipo ad esempio (G30W30 = cippato fine caratterizzato da 3 cm2 di sezione massima, W30 = umidità max 30%).
La tipologia (pezzatura, corteccia) del cippato e l´umidità influenzano la potenza focolare. Esempio: una caldaia da 100 kW con un cippato caratterizzato da una umidità del 35% ed una pezzatura come quella mostrata, rende 70 KW.
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Pellet: con questo termine si intende un biocombustibile densificato, normalmente di forma cilindrica, ottenuto comprimendo biomassa polverizzata con o senza l’ausilio di agenti leganti di pressatura. Il pellet presenta caratteristiche più adatte all’impiego energetico, in quanto:
- ha un’elevata densità: mediamente 7 volte superiore alla segatura e 3 volte superiore al cippato, e ciò ne ottimizza il trasporto e lo stoccaggio;
- un basso contenuto in umidità: questo permette di migliorare il rendimento della combustione, di ottimizzare il trasporto e di ridurre il rischio di fenomeni fermentativi durante lo stoccaggio;
- un PCI elevato, utile a ottimizzare i trattamenti termici;
- l’omogeneità e le caratteristiche dimensionali del pellet consentono di dotare gli impianti di combustione di sistemi di alimentazione automatica.
A gennaio 2011 è stata approvata la nuova norma europea che definisce le caratteristiche di qualità del pellet (EN 14961-2) in sostituzione alle norme nazionali esistenti.
La norma introduce tre classi di qualità:
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Classe A1, che corrisponde alla qualità più elevata, caratterizzata da un contenuto di ceneri massima dello 0,7%.
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Classe A2, caratterizzata da un contenuto di ceneri pari a 1,5%.
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Classe B, caratterizzata da un contenuto di ceneri massimo pari a 3,5% e può essere prodotta sia da segatura che da corteccia. Questa classe qualitativa è destinata a grandi impianti di combustione per uso commerciale o industriale.
Riportiamo a seguire un esempio pratico che prevede la sostituzione di una caldaia a gasolio con una alimentata a pellet sotto le seguenti ipotesi:
CALDAIA A GASOLIO:
Potenza caldaia gasolio esistente = 150 kW
Rendimento caldaia gasolio = 80%
Prezzo specifico ultima fornitura = 0,8 €/litro al netto di Iva.
Consumo annuo gasolio = 20.000 litri
Spesa annua fornitura gasolio = 16.000 euro
CALDAIA A PELLET:
Dati nuovo impianto con caldaia a pellets
Potenza caldaia = 150 kW
Rendimento caldaia biomassa = 90%
Costo Pellet = 22 c€/kg
RISULTATI:
Dai consumi della caldaia a gasolio si evince un fabbisogno di energia annuo di 160.000 kWh, per soddisfare detta richiesta energetica occorreranno circa 39.500 Kg di pellet, che ad un costo di 22 c€/Kg portano ad una spesa annua di circa 8.690 €, valutando in 1.800 € le spese annue per manutenzione si avrà una spesa totale di 10.490 €/anno, con un risparmio netto di 5.510 €/anno.
Supponendo un costo investimento di circa 76.000,00 €+ IVA, si avrà un ammortamento dell'investimento in circa 13 anni, le forme di incentivazioni previste per tale intervento (detrazione fiscale/conto termico) ridurranno sensibilmente gli anni di ammortamento.
Mentre l'esempio che segue prevede la realizzazione di un impianto di biomasse per la produzione di energia elettrica e termica con accesso alle politiche incentivanti previste dal DM del 23 giugno 2016.
IPOTESI:
Potenza elettrica: 20 kW
Potenza termica: 40 kW
Rendimento a pieno carico: 85,6 %
Autoconsumo ausiliari imposta: 17%
Autoconsumo ausiliari reale: 10%
Tariffa omnicomprensiva: 0,257 €/kWh
Prezzo medio zonale/orario: 0,06 €/kWh
Cessione energia termica: 0,05 €/kWh
RISULTATI:
Produzione energia elettrica lorda: circa 150.000 kWh
Produzione energia termica lorda: circa 300.000 kWh
Energia elettrica immessa in rete per RID: circa 10.500 kWh
Guadagno per incentivazione: circa 32.000 €/anno
Guadagno per RID: circa 630 €/anno
Guadagno per cessione energia termica: circa 15.000 €/anno
Guadagno complessivo lordo: circa 47.600 €/anno
Costo di manutenzione full service: circa 7.000 €/anno
Costo approvvigionamento biomassa: circa 10.600 €/anno
Costi totali: circa 17.600 €/anno
Guadagno netto: circa 30.000 €/anno
Considerando un costo totale orientativo dell'investimento di circa 150.000 €, si avrà un recupero del capitale in 5 anni, per i successivi 15 anni si andrà a beneficiare di un guadagno netto annuo di circa 30.000 €.